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  • Immagine del redattoreAnnamaria Ricco

Quando vedi il cavallo giallo...

"Quando vedi il cavallo giallo

il tuo piede è presto in fallo.

Sentirai un grande caldo

la tua anima è gia in saldo".


- Piantala! - lo redarguì senza enfasi.

Come al solito, il vecchio Gebedia era sbronzo e fastidioso. Ciucciava bottiglie di bourbon come fossero mammelle di vacca e, ogni volta, il bolso sceriffo lo prendeva per la collottola e se lo trascinava nell'unica cella del suo ufficio, dall'altra parte della strada, di fronte al saloon di Bessie; un tragitto breve, accompagnato da triviali incoraggiamenti a mandar giù ancora un goccio, quello della staffa, per inventare altre storie e canzoni divertenti.

Più che disturbare la quiete pubblica, lui la ravvivava, ma anche lo sceriffo doveva lustrare la sua stella e far rispettare la legge o almeno compiere una buona azione di tanto in tanto.

Appena sfumata la vena creativa dell'alcool, Gebedia sarebbe tornato a masticare carrube con le sue gengive, nel crocicchio all'ingresso del villaggio, appoggiato ad uno dei pali che reggeva la striscia di stoffa col nome del posto: Place. Tutto lì.

Un posto come tanti altri sulla via dell'oro, un posto in cui qualche miserabile si era accampato stabilmente.


- È proprio bello il tuo cavallo giallo... - si lasciò scappare un colpo di singhiozzo seguito da un rutto. - Bello, bello, bello...

- Ti ho detto di piantarla! Fatti una dormita! - consigliò.

Sedendosi sulla panca tarlata, Sam sorrise per l'obbedienza mite del vecchio.

Forse era l'alcool a fargli vedere gli unicorni rosa e tutte le altre stramberie che vaticinava nel delirio o forse il cervello era già di suo troppo annacquato. Sperava di non finire così anche lui, in quel buco di culo di Place.

Assicurato il chiodo al tacco dello stivale, si sdraiò per ammirare la sua opera sulla parete della cella, un gentile omaggio per lo sceriffo.

Il cavallo poteva sembrare giallo. I segni incanalati nella pietra risaltavano nella calda luce gialla della periferia del canyon.

Quell'ora del giorno pesava di malinconia e stanchezza, talvolta di noia.

Solo gli sventurati cercatori d'oro ci vedevano speranza, in quell'avamposto dell'inferno; dormivano beati nella locanda fantasticando sul futuro.

La verità era che i giacimenti si erano esauriti e indiani e banditi se la giocavano a rubare i loro miseri averi, tra dardi nel costato e spari nel petto: corpi cotti a puntino sotto un sole tiranno per pasciuti avvoltoi.

Sam voleva prendere la via opposta, alle calcagna della gloria, alla ricerca del niente. Al massimo del cavallo giallo, in preda ai deliri dell'arsura, al contrario di Gebedia.


- Avanti, uscite, sacchi di merda!

Lo sceriffo era su di giri. Tratteneva un losco prigioniero coi ceppi dietro la schiena, un reward da mila dollari, l'unica effigie per miglia e miglia.

Gebedia se la filò di buon passo, con la sua carruba a mo' di sigaro, già pronto a riprendere da dove aveva lasciato, al saloon.

Sam non aveva fretta. Era finito lì per una rissa e il soggiorno gli era valso da riposo. Fare lo sguattero-guardiano delle mignotte non offriva molte possibilità di successo personale, non quanto vivere da pittore in una cittadina all'est. In fondo un sogno ce l'aveva.

Aveva riconosciuto subito il diavolo in catene. Vivo o morto, comunque preso.

- Mai dormire nel letto dove hai scopato, ragazzo - sembrò rispondere alla sua tacita domanda su come l'avessero fregato.

Il giallo insulso del tramonto era già sfumato in un seppia da manifesto wanted.

Lo sceriffo non vedeva l'ora di andare a bagnarsi il gargarozzo col boia che, dopo aver scortato l'illustre prigioniero, l'indomani avrebbe provveduto a farlo secco.

Sam si rigirava la tesa del cappello tra le mani. Voleva restare.

- Lasciami un po' di compagnia, capo! L'ultimo desiderio di un condannato a morte - gli lesse ancora nel pensiero.

Restarono soli, divisi dalle sbarre, il diavolo e il pittore.

Un'anima era già in saldo. Che Gebedia fosse un dannato oracolo?


L'anima in questione era stata quella del fuorilegge. Giacchè la campana aveva suonato per lui, troppo stanco ormai per darsi alla macchia o di tentare di farlo per l'ennesima volta, aveva stabilito di vendersela al diavolo a beneficio del ragazzo. Soltanto la pelle voleva lasciare al boia e le ossa agli spazzini del deserto.

Fu un dare e avere. Non era mai stato un buono.

Gli avrebbe lasciato in eredità l'ultima vena d'oro disponibile nel west a patto che ritraesse la sua effigie su un grosso masso giù nel canyon. Il cavallo giallo lo aveva convinto del suo talento.

- E come lo trovo il posto?

- Saprai disegnare anche la mappa. Ma sarebbe meglio se la tenessi a mente.

- Cos'è... Una sorta di patto col diavolo?

- Quello lo farò io per te. Tu lo stai facendo con me per la tua discendenza - aveva sorriso con un ghigno. - Non ti darò pace se t'azzardi a fregarmi. Ora fammi dormire.

- Ma come...

- Quando vedi il cavallo giallo.

I suoi occhi avevano balenato di una sinistra luce di un giallo accecante.


L'esecuzione era avvenuta al tramonto.

Forse la suggestione dell'impiccagione in quella calda luce del sole ci aveva messo del suo, ma il cavallo giallo, un isabella senza morso e sella, selvaggio come le terre di confine, si era stagliato all'orizzonte nel momento esatto in cui l'uomo aveva ceduto l'anima al diavolo.

La fortuna aveva compiuto il suo giro.

Sam si era incamminato sicuro verso il canyon, con la mappa ben definita nella sua mente, promettendo alla moglie e al figlio che sarebbe tornato carico d'oro.

Con una fiducia inesprimibile si era avventurato con acqua e viveri sul carretto preso in prestito dal maniscalco, dimenticando quanto gli sarebbe stato più utile per adempiere al suo giuramento: martello e scalpello per incidere il ritratto sulla pietra.


- Mr Samuel, discende da una generazione di pittori. Studiandola, si potrebbe scrivere una sostanziosa fetta della Storia dell'Arte. Ritiene che la sua pop art possa rappresentare l'ultimo capitolo?

L'indisponenza della giovane giornalista si rispecchiava persino nelle gambe accavallate, con il pizzo delle autoreggenti in bella mostra. Aveva studiato, voleva portarsi a casa un bel servizio.

- Avverto una leggera allusione al mio orientamento sessuale...

Lei non tentò nemmeno di scusarsi per un eventuale equivoco, attendeva la risposta.

- Ho intenzione di adottare un bambino. Spero che manifesterà una qualche intenzione artistica e che il talento accompagni la sua personale visione della Bellezza...

- Ma non sarà un figlio diretto come tradizione vuole. Non crede che il talento "di famiglia" sia in qualche modo legato ad un leggendario patto col diavolo nel lontano west? I suoi predecessori sono morti in circostanze misteriose non appena l'erede riceveva la visione di...

- Non credo in un cavallo giallo che elargisca un dono nel momento della sua apparizione. Ogni artista cattura l'anima di quanto e quanti gli stanno intorno: è da definirsi un demonio per questo?

- Eppure è un cavallo giallo quello che vedo raffigurato sulla parete...

- Illusione ottica, una sorta di Rorschach. Lei vede quello che vuole che io dica, ma io non vedo altro che una bella parete.

I led dimmerabili spargevano una soffice luce paglierina, bieca e tensiva.

- Ora se vogliamo parlare della mia arte...

Riassestando la gonna per coprire il pizzo, la donna riprese l'intervista con domande più morbide, sconcertata dall'uomo che ora le dava le spalle. Forse era l'illuminazione a creare l'illusione della diabolica immagine dipinta e di quella reale.

Sam rispondeva con garbo ogni volta, rimirando l'unico quadro realista che si era concesso di creare: un paesaggio di roccia e sabbia, al tramonto, con un grosso masso nel centro; i tratti di Rorschach, ai suoi occhi, rappresentavano i connotati del famigerato bandito che si era sacrificato per la sua famiglia. Gli aveva reso giustizia.

Era ora che riposasse in pace.

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