Annoverava, fra le sue conquiste, un discreto numero di hostess e di mogli annoiate, lui che la sua l’aveva temporaneamente abbandonata incinta nell’appartamento progettato e costruito come un nido di lusso.
I soldi sudati non si confacevano alla sua indole e, paradossalmente, era andato a sudare per farseli, soldi lisci come sabbia in clessidra, in un angolo di mondo che del deserto ne aveva fatto una cartolina.
Arredare le camere di un albergo pluristellato, con approvvigionamenti tali da tendere l’uva alla volpe, soddisfaceva in pieno la sua scarsa propensione al lavoro duro nonché la malcelata smania di libertà.
Remo, nel deserto, guazzava come un pesce felicemente arenato.
Con il gruzzolo che ficcava sul conto corrente, la moglie stava serena a pensare alla gravidanza e, in virtù delle amorevoli e costanti telefonate serali, non nutriva il benché minimo dubbio sulla fedeltà.
Fino all’ora di cena, sicuramente, Remo era ligio e indaffarato, per tutta la settimana corta. Poi, come se l’acqua della doccia gli avesse lavato via il buon senso (o quel che era), veniva fuori quella sfrenata voglia di vita che non contava gli anni ma le cartucce da sparare.
Non è una storia d’amore, se non per se stesso, e scagli la prima pietra chi non ha mai desiderato cadere in tentazione per il proprio benessere.
Dicevamo Remo.
Malanima, arzillo, con la premura del tempo: sembrava non averne mai abbastanza per tutti i propositi in vortice nella testa calda (di suo, non per l’afa del deserto).
Quando qualcuno del suo team riusciva ad allestire una situazione di svago innocente, le paturnie della frenesia si acquietavano, con un bicchiere massiccio di Calvados o uno più snello di Moet & Chandon, sigari di contrabbando ricettati dai locali, tanto da indurlo ad afferrare le drum sticks ed arrangiarsi come batterista di un’improvvisata band; in serate meno guascone, non combatteva in alcun modo il demone del gioco, alzandosi dal tavolo verde solo a gettoni ultimati (anche quelli, come le cartucce, dovevano esaurirsi nell’hic et nunc).
Remo.
Aveva lingua sciolta e scioltezza nelle mani: al cospetto di una donna, nel suo fascino malandrino, erano armi infallibili. Sapeva farle ridere, sapeva lusingarle con sincerità (coglieva il particolare), sapeva far scorrere le dita lungo la schiena con la nonchalance di un don Giovanni negli abiti di Amleto (filosofia spiccia e gesti sensuali).
Le mogli altrui, nel deserto, si annoiavano persino delle Spa, dopo un po’, e le hostess avevano voglia di sgranchirsi le gambe, dopo ore di volo in tensione.
Remo era il buon samaritano che accudiva le pecorelle ansiose di smarrire la retta via carovaniera.
- Non vedevo un uomo intento nella scrittura da parecchio -.
Il profumo l’aveva colto da molto prima e, con la coda dell’occhio, qualcosa d’interessante gli era pure arrivata, ma anche ciò che stava scrivendo meritava la sua attenzione (riteneva), in vista di un colpo di fortuna che lo rispedisse a casa, dalla moglie incinta.
- E’ una sceneggiatura… cioè, lo sarà… lo sarebbe… -; impacciato, non osava voltarsi a guardarla. - Sto tracciando il personaggio -.
- Sei nel cinema? -, accostandosi sullo sgabello.
- Nooo! -, aveva sorriso. - Sono un semplicissimo interior designer annoiato del tempo libero. Il week end sembra non passare mai, quando stai a lungo nel deserto. Stasera mi è venuto in mente un personaggio ed eccomi qui… Intendo a scrivere: eccomi qui al bar a scrivere, non che ci sia venuto appositamente. Un bicchiere dopo l’altro e il risultato è stato questo: inventare un personaggio -; il tono era andato scemando, colto dall’imbarazzo delle lamentazioni.
Ma ancora non osava guardarla.
- Posso? -: accostamento pericoloso al braccio.
- Servirà a farla sorridere… certo. Intanto che legge, posso offrirle qualcosa? -; con lo sguardo basso, aveva lasciato che gli sottraesse il manoscritto sul tovagliolino, beandosi del suo profumo.
- Rum liscio -, con una carezza leziosa sul braccio.
Cosa passava per la testa di quella donna? Gli era capitato di essere rimorchiato al bar, in tentativi impacciati e sbrigativi: chi si recava lì per lavoro, trovava eccitante, evidentemente, rompere la routine dell’orizzonte offuscato da un sole troppo grande e bollente, con una sventagliata di inibizioni.
Mai ceduto, lui. In casi estremi, il self service era sempre operativo.
Prima di decidersi a voltarsi, aveva esclamato la sua preghiera: “Non m’indurre in tentazione”, rivolto a chissà chi.
Che bastassero qualche brivido e un buon odore a destituire la volontà?
Pelle d’avorio, capelli corvini, dita lunghe, portamento naturalmente insidioso: se i suddetti aspetti non fossero bastati, la visione nel complesso avrebbe sicuramente sancito la disfatta.
Perché non era il suo personaggio? Lui avrebbe sciolto la lingua (chissà dove) e, garbatamente (?), allungato una mano, o anche due.
Gli erano venuti di certi pensieri, pulsioni, pensate pulsanti al suo Io (il super, di Io, era già ben oltre, a rivoltarsi fra le lenzuola con l’entità erotica della donna al suo fianco).
- Remo sei tu? -: occhi di fuoco bistrati e puntati. - Lui meriterebbe un altro nome, essendo un altro te. Il personaggio è nato, reclama la sua identità… Il punto é: sei pronto a vestirlo? Non vuole restare a nudo su un tovagliolino da bar, come fosse in uno stadio, nudo, con gli occhi addosso! -; il suo dire alludeva di allusioni compromettenti.
“Lascialo nudo e segui il suo esempio, qui, ora, sul bancone”.
- Non mi ero posto il problema pirandelliano -.
Eppure quei pensieri, ora, avevano una voce, nella sua mente. Ciò che aveva detto era diverso da ciò che aveva pensato; ciò che aveva pensato era prepotentemente vicino alla verità, più di quanto fossero mai state le parole pronunciate con cortesia ed educazione.
- Che ne dici di Max? Un nome incisivo, abbreviazione del massimo che ogni uomo vorrebbe essere, un alter ego senza freni, che se ne frega di essere socialmente ed umanamente corretto, un… -, sovraeccitata.
- Frena, bambolina! Mi presento: Max… Pagani. E, se ora vieni su con me e una bottiglia, al tuo servizio -, allungando, finalmente, la mano sulla schiena scoperta.
Il servizio gliel’avrebbe reso con tutti gli omaggi di casa Pagani: tanto pagava Remo.
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